Il Packaging non sente la crisi

I costruttori italiani di macchine per il packaging archiviano il 2013 con una crescita del business fuori dall’ordinario e ben oltre le attese di inizio anno (+7,6% in dodici mesi), battendo così il nuovo record storico di 5,92 miliardi di fatturato, dopo il precedente massimo di 5,5 miliardi raggiunto nel 2012. E se nella volata verso i 6 miliardi può essere scontato che a trainare sia l’export, con +8,6% tra gennaio e dicembre, non è da sottovalutare l’accelerazione delle vendite sul mercato interno, passato dal -3,1% di metà anno al +3% del bilancio annuale.

Performance, quelle diffuse dal centro studi Ucima (l’Unione costruttori di macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio) nei preconsuntivi 2013, che lasciano a bocca aperta, di fronte all’ultima fotografia dell’Istat che racconta invece di una produzione industriale italiana scesa del 3,5% nei primi dieci mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2012.

Come fa a esistere e resistere una nicchia di 635 aziende e oltre 26mila addetti tanto florida all’interno dell’industria dei beni strumentali – in flessione di oltre sei punti da inizio anno – e di un manifatturiero che sta pagando alla recessione e ai gap del sistema Paese il conto più salato, dal dopoguerra, in termini di emorragia di imprese, occupati e valore aggiunto?

«Facciamo buone macchine, investiamo molto sulla ricerca e sviluppo, lavoriamo tanto all’estero, con una quota export che ha raggiunto l’83,6% del fatturato, e riusciamo a macinare margini sebbene siamo in Italia», ha risposto Giuseppe Lesce, presidente di Ucima. «Il packaging è un universo molto variegato con comparti e mercati che si muovono su registri diversi. Il farmaceutico», entra nel dettaglio il presidente , «in ebollizione ovunque, anche sui mercati maturi; il beverage corre soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, con la grande sorpresa dell’Africa quest’anno che contiamo di confermare nel 2014; il food è una miniera di sperimentazioni di prodotti e soluzioni nuove. E certo un anno fa, di questi tempi, non si godeva di grandi prospettive.»

In realtà si continua a lavorare su orizzonti brevi anche in questo spumeggiante finale d’annata, precisa Ucima, con una stagionalità esasperata, maestranze al lavoro sabati e domeniche e una fame insoddisfatta di tecnici specializzati che il sistema formativo italiano non riesce a preparare.

«Perché la politica continua a considerarci un made in Italy di secondo ordine, mentre siamo una delle eccellenze della famiglia Federmeccanica che giocano sui mercati globali ad armi pari con i tedeschi scontando però l’ironia del sistema Paese che hanno alle spalle», commenta Lesce, che vede ormai a portata di mano il traguardo dei 6 miliardi di fatturato.