Di che cosa ha veramente bisogno un editore per innovare?

Di che cosa ha veramente bisogno un editore per fare innovazione, in Europa? Un sondaggio cui hanno partecipato 120 aziende editoriali europee ha indagato e raccolto le necessità di ricerca e sviluppo più stringenti. La ricerca, condotta tra editori proveniente dai principali paesi europei da TISPTechnology and Innovation for Smart Publishing, il network finanziato dalla Commissione Europea e coordinato da AIE ha anzitutto scoperto che l’innovazione svolge un ruolo fondamentale per gli editori: oltre tre quarti (77%) dei partecipanti alla ricerca qualitativa ha dichiarato di essere al lavoro nello sviluppo di nuovi prodotti e servizi.

Quali sono i risultati?
Prima di tutto, l’accesso al credito è ritenuto il più grande ostacolo all’innovazione (circa la metà dei rispondenti l’ha indicato come la maggiore barriera), soprattutto per la scarsa agilità degli strumenti per accedervi. In altre parole, i partecipanti al sondaggio hanno indicato che non è sufficiente stanziare dei finanziamenti: “se il processo per accedere e utilizzare il credito non è agile, non funzionerà. Innovazione significa avere rapido accesso a piccole somme di denaro, con requisiti di reporting ragionevoli”. Nella classifica degli ostacoli all’innovazione, l’accesso al credito è seguito dalla mancanza di dimensioni sufficienti per affrontare un mercato sempre più globale e di adeguate infrastrutture per la ricerca. Per la stragrande maggioranza però la chiave per azioni di ricerca e sviluppo davvero efficaci sta nella collaborazione, ancora meglio se internazionale: il 67% dei rispondenti “è disponibile a essere coinvolto in strategie collaborative, ad esempio progetti di R&S in collaborazione con altre aziende e istituti di ricerca europei”. La motivazione principale è la condivisione dei rischi, l’“accesso a quei talenti che non sono presenti in azienda”, e la possibilità di unire ”professionalità diverse” per competere in un mercato dominato da “pochi player di grandi dimensioni”. Il mercato europeo, diviso in piccoli mercati definiti da aree linguistiche rende la collaborazione internazionale preferibile a quella locale: “È meglio condividere informazioni con colleghi che non mirano alla stessa area commerciale”. Per quanto riguarda invece gli ambiti in cui l’investimento in ricerca e sviluppo è considerato più importante, la maggior parte dei partecipanti ha indicato la distribuzione digitale e le tecnologie di gestione dei diritti d’autore. Significativa anche l’attenzione degli editori a un tema come l’accessibilità per i non vedenti.


Il campione
Oltre 1.000 gli editori contattati; 360 hanno dimostrato interesse per l’iniziativa e 120 hanno compilato un dettagliato questionario. I partecipanti al sondaggio si collocano in tutte le aree del settore editoriale. Per la maggior parte – 41% dei partecipanti – le attività di R&S sono svolte all’interno dell’azienda, ma senza un dipartimento dedicato, mentre il 16% dichiara di non dedicare alcuna risorsa alla R&S e solo il 18% può vantare un dipartimento ad hoc. L’8% si appoggia a service provider esterni e solo il 6% collabora con università o altri istituti di ricerca. L’indagine è stata elaborata da un team composto da iMinds (un centro dell’Università di Ghent in Belgio), l’Associazione Italiana Editori (AIE), Gutenberg University (Germania), la Federazione degli Editori Europei (FEP) e la Frankfurt Book Fair (FBF).