Confindustria Digitale: internet ed e-commerce il nuovo volano dell’economia italiana

Internet come volano della crescita italiana? Si può fare, ma occorre seguire precise linee di intervento”. Non usa mezzi termini il presidente di Confindustria digitale, Stefano Parisi, che due giorni fa a Roma ha preso parte al Digital Agenda Annual Forum, l’occasione giusta per fare il punto sulla crescita del digitale nel nostro Paese e sulle linee di intervento da seguire per far sbocciare finalmente anche in Italia la Internet Economy.

In Italia l’uso di internet è ancora limitato al 50% della popolazione”, ha esordito il presidente di Confindustria Digitale. “Addirittura l’uso del web per pratiche di e-Government è fermo all’8% e quello dell’e-commerce al 15%. La forbice con gli altri Paesi nel frattempo si allarga. Dunque occorre sviluppare la domanda pubblica e privata. La condizione necessaria per far crescere il Paese”.

Ma come e soprattutto con quali benefici? Le macro aree su cui intervenire sono cinque.

Si parte dalle pubbliche amministrazioni

“Dal lato delle P.A.“, fa sapere Parisi, “la digitalizzazione può impattare favorevolmente sulla “spending review”, riducendo finalmente la spesa pubblica annua e recuperando risorse per oltre 56 miliardi”.

Come?

–          Ad esempio la spesa per acquisti tramite l’utilizzo esclusivo di piattaforme on-line di e-procurement può portare risparmi almeno del 10%, pari a 14 miliardi annui.
–          Nel campo della Sanità le esperienze di telemedicina e controllo da remoto di alcune categorie di pazienti cronici permetterebbero di ridurre i costi di ospedalizzazione creando risparmi intorno al 8% della spesa sanitaria nazionale (circa 9 miliardi).
–          L’aumento di produttività del personale pubblico e lo switch off dalla gestione cartacea a quella “cloud” delle pratiche amministrative comporterebbero riduzione dei costi pari ad altri 20 miliardi di euro.
–          Nel campo della lotta all’evasione grazie all’uso di software di business intelligence e all’integrazione delle banche dati on-line si stima un recupero di 13 miliardi, pari al 5% dell’economia sommersa.

Numeri importanti, insomma, che si possono tradurre in risparmi effettivi operando principalmente su due fronti:

  • consolidamento di un insieme di infrastrutture abilitanti: la Cie (Carta d’identità elettronica), la completa diffusione della Pec (Posta Elettronica Certificata), il rafforzamento dell’Spc (Sistema Pubblico di Connettività), l’adozione del documento informatico e l’archiviazione digitale, i pagamenti elettronici della Pa, la firma elettronica, l’interoperabilità delle banche dati, il ricorso obbligatorio all’e-Procurement;
  • Grandi piattaforme Paese: Scuola (iscrizioni scolastiche online tramite il portale ScuolaMia, contenuti digitali tramite il portale InnovaScuola); Sanità (prescrizioni mediche digitali e referti sanitari on-line); Giustizia (notifiche telematiche, pagamenti on-line, dematerializzazione atti processuali), solo per citare alcune aree prioritarie.

Poi ci sono le famiglie. Se l’utilizzo di internet fosse la regola all’interno dei nuclei famigliari italiani si calcola che il risparmio sulle spese generali potrebbe sfiorare i 48 miliardi di euro all’anno, circa 2mila euro a famiglia. Una somma considerevole da rimette in circolo per stimolare nuovi consumi. Le spese prese in considerazione in questa categoria sono quelle standard, si ogni famiglia italiana: gestione delle bollette, delle assicurazioni, dei conti correnti bancari, turismo e benessere, trasporti, così come le spese in abbigliamento e alimentari.

Ma Il 33% della popolazione italiana ha più di 55 anni e in questa fascia della popolazione le competenze sull’utilizzo di internet sono sommarie. Confindustria digitale propone di stimolare l’uso dell’e-commerce attraverso degli incentivi, per esempio l’acquisto con iva ridotta.

E veniamo alle imprese. “Anche da questo punto di vista il ritardo è forte“, sottolinea il numero uno di Confindustria digitale. “Solo il 4% delle imprese italiane effettua vendite direttamente on-line. Se tutte le imprese italiane aumentassero solo dell’1% il loro fatturato estero attraverso le vendite on-line, le nostre esportazioni totali aumenterebbero dell’8% pareggiando il saldo import-export di beni e servizi. Per questo sarebbe importante introdurre una detassazione di un terzo dei ricavi digitali delle Pmi generati tramite piattaforme di e-Commerce verso clienti internazionali“, ha concluso Parisi.

Il secondo punto riguarda il sostegno agli investimenti degli operatori. Nonostante gli ultimi anni abbiano visto diminuire i ricavi di quasi tutte le imprese del settore Ict, queste ultime hanno continuato a investire, circa 8 miliardi di euro. Nel 2011, complice la gara per le frequenze Lte, gli investimenti sono aumentati del 50% e nel quadriennio 2012-2015 sono previsti investimenti complessivi per circa 48 miliardi di euro.

Per incentivare queste aziende a continuare sulla strada degli investimenti “Occorre quindi rendere il quadro autorizzativo degli enti locali più semplice ed omogeneo – spiega Stefano Parisi – e utilizzare in modo efficiente le risorse individuate dal Piano UltraBroadband del Ministero per lo Sviluppo Economico”.

La terza macro area riguarda l’ecosistema internet, ma essenzialmente la tutela del diritto d’autore, per incentivare lo sviluppo di un’offerta legale di mercato.  “Solo sviluppando un’offerta legale appetibile per i consumatori, in grado di soddisfare le richieste di consumo sia sotto il profilo qualitativo che temporale, sarà possibile anche contrastare efficacemente la pirateria digitale“, ha sottolineato Parisi. Due parole anche sul caso dei pagamenti digitali, un altro strumento importantissimo per risparmiare. La situazione attuale è sostanzialmente sbagliata: ad esempio pagare un bollettino postale tramite web banking risulta più costoso ( +36%) rispetto allo stesso pagamento effettuato allo sportello. Eppure i risparmi sarebbero considerevoli: il Politecnico di Milano ha stimato che i pagamenti digitali verso la pubblica amministrazione porterebbero a un risparmio complessivo di circa un miliardo che si otterrebbe pagando on-line alcuni tributi locali quali Ici/Imu, tariffa rifiuti, multe e bollo auto.

Quarto pilastro è la creazione di un vero mercato di venture capital in grado di sostenere la nascita di giovani start-up internet italiane attraverso:

  • sostegno agli investimenti nei fondi;
  • semplificazione della burocrazia per le start-up;
  • creazione di un “exit market” con sgravi fiscali per le aziende italiane che decidessero di acquisire start-up italiane inizialmente finanziate da fondi venture capital o che abbiano “sponsorizzato” la nascita di incubatori o piattaforme di aggregazione di idee e iniziative imprenditoriali.

La quinta ed ultima macro area cu cui occorre intervenire è la formazione dei lavoratori. Nel 2015 la Commissione Europea ha stimato che il 90% dei lavori richiederà skills ICT. Allo stesso tempo però, visto che il personale con questo tipo di competenze scarseggia, si presume che entro il 2015 in Europa mancheranno le competenze necessarie per coprire 700mila posti di lavoro nel settore informatico. In Italia le cose non vanno certo meglio.  Le aziende del settore ICT richiedono circa 40mila specialisti l’anno, il 25% dei quali è dichiarato dalle imprese di “difficile reperimento”.

Servono azioni di sistema per aumentare le risorse e moltiplicare l’uso dei fondi interprofessionali per la formazione continua nel mondo del lavoro digitale“, è il monito del presidente di Confindustria Digitale.

Ovviamente accanto a questa serie di pilastri da “ristrutturare”, Confindustria Digitale ha previsto anche una serie di azioni concrete:

–          Il primo step, con obiettivo 2013: recuperare il gap con la media europea sull’uso dei servizi internet.
–          Secondo step, nel 2015: il raggiungimento di tutti gli obiettivi target dell’Agenda digitale.

Per un’Italia che nel 2020 Confindustria Digitale si immagina così:

  • un’infrastruttura abilitante di connessione in banda larga mobile (Lte) e ultralarga fissa;
  • un mercato digitale fatto di e-commerce e pagamenti digitali evoluti in mobilità;
  • un completo switch off dei servizi pubblici basato su piattaforme end to end (sanità; scuola; giustizia);
  • Progetti Paese scalabili a partire dalle esperienze locali “Smart cities, smart communities” su tematiche integrabili ed interoperabili quali infomobilità, sicurezza, turismo e cultura, logistica e trasporti, efficienza energetica.