Media mix e investimenti in comunicazione

L’avvento di nuovi media sta creando sempre nuovi canali attraverso i quali comunicare e farsi conoscere. Alcuni di questi mezzi sono in crescita, anche netta, altri in declino. I trend di investimento rilevati da ricerche internazionali indicano che ovunque il nuovo attira più investimenti del vecchio; anzi, li sottrae allo stesso. Ma a livello nazionale qual è la situazione? La risposta arriva da DMA Italia, che ha promosso e condotto la prima ricerca sul mercato della comunicazione diretta e digitale in Italia. Una ricerca (presentata da Fabrizio Vigo, vicepresidente di DMA Italia e Ceo di Consodata) con una forte base qualitativa, condotta su un panel di aziende caratterizzate da una lunga storia di investimenti nel direct, scelte con omogeneità sia di fatturato – il 38% oltre i 25 milioni di euro, il 23% sotto il mezzo milione – che di numero di dipendenti – il 24% con oltre 250 dipendenti, il 43% sotto i venti.


Obbiettivo: valutare i trend attualmente in atto nella scelta dei media diretti e digitali usati per comunicare e presentare dei dati che rispecchiassero il panorama nazionale.
Il macrogruppo dei media online – e-mail marketing, search marketing, social, web advertising – è quello più frequentemente usato, con il 50% delle aziende coinvolte, e che continuerà a crescere (+4,3%); una larga fetta (38%) è ancora occupata dai media offline – carta, direct mail, outdoor – ma gli investimenti futuri sono destinati a calare di oltre il 2%; all’interno del panel un ruolo piuttosto marginale è giocato dalla televisione, che viene usata solamente dal 18% delle aziende intervistate e che è destinata a perdere ulteriormente punti a livello di frequenza di utilizzo pur a fronte di investimenti elevati; in calo forte l’uso della radio (-2,4% di previsione) mentre il mobile è un fanalino di coda con una previsione di leggera crescita.

Un dato interessante da segnalare è il rapporto esistente fra crescita/diminuzione di utilizzo e investimento dei media e rapidità di valutazione delle performance: i media online ne permettono un calcolo rapido e diretto e vengono preferiti a quelli che, invece, sono caratterizzati da un calcolo più lento e indiretto. A fronte di un 36% che ammette di non svolgere valutazioni,il 64% effettua abitualmente valutazioni sulle proprie campagne, suddividendosi in un 17% che si focalizza sul ROI, un 18% che presta grande attenzione al brand awareness e un 29% che misura la redemption.

Ma certamente l’elemento che emerge con una certa prepotenza è che il mondo della comunicazione sta guardando al futuro con un, seppur prudente, ottimismo: il 56% delle aziende ha dichiarato che il suo investimento in comunicazione non muterà per il prossimo anno, mentre un forte 25% intende accrescere, anche significativamente, questo budget. Solamente il 2% intende tagliare i fondi alla comunicazione, mentre il restante 17% ancora non ha deciso come comportarsi.

Ultimo aspetto importante emerso dalla ricerca è cosa spinge le aziende a investire in comunicazione. Per iI 74% degli intervistati un driver di aumento determinante è la crescita aziendale e la necessità di sviluppare ulteriormente la propria attività di comunicazione; quasi allo stesso livello (70%) si colloca l’esigenza di difendere le posizioni raggiunte in un mercato che ogni giorno diventa più competitivo: non a caso le motivazioni che spingono più frequentemente a realizzare campagne di comunicazione sono la fidelizzazione dei clienti acquisiti e il brand awarness. Tuttavia queste strategie più difensive non precludono investimenti volti a sostenere le novità aziendali, come il lancio di un prodotto o lead generation.